Nonostante, libera – Il racconto come atto terapeutico


tempo di lettura: 3 minuti

Un consiglio di lettura per l’11 novembre, data in cui ricorre la Giornata internazionale della vulvodinia, istituita in Italia nel 2016 dall’Associazione VulvodiniaPuntoInfo onlus.

Copertina del libro "Nonostante libera, il racconto come atto terapeutico". Una figura femminile, di schiena, con i capelli castani tagliati sotto le orecchie e una maglietta a maniche corte color arancione, si sporge dal finestrino di una macchina, lato passeggero, mentre viaggia su una strada costeggiata da alberi in quello che sembra essere un paesaggio di inizio autunno.
Crediti immagine: Giraldi Editore.

Nota: il testo qui proposto è mutuato da un post pubblicato sul mio profilo Instagram nel 2020.

Questa è una storia che non si dice ed è per questo che la dico.

Un giorno qualunque dell’aprile 2010, per la prima volta, avvertii un forte dolore a livello pelvico e la netta sensazione che da lì in poi la mia vita sarebbe cambiata. Quel mattino, la mia vulva decise di gridare con forza il suo malessere affinché la potessi ascoltare e mi rendessi portavoce di una patologia complessa non solo da gestire, quanto da spiegare e comprendere.

Scrivo la mia storia perché questo dolore accumulato negli anni io non so più dove metterlo. L’ho raccontato a un numero indeterminato di dottori, alla mia psicoterapeuta, ad amiche e amici, l’ho detto a un barista perché non mi voleva dare le chiavi del cesso, l’ho raccontato a una tipa che mi stava facendo la manicure e mi alzavo a ogni unghia smaltata, all’hostess che mi imponeva di tenere le cinture allacciate in aereo e a me procuravano un male porco […]. Ne ho parlato con persone di ogni genere e quartiere, e allora, sebbene la mia storia non si pieghi all’accomodante consenso della morale comune, mi sono chiesta “perché non la scrivo così mi sputtano ancora di più?”.

Ed eccomi qui a parlare della vulva.

Mi sono bastate le prime pagine per empatizzare con la protagonista e lasciarmi conquistare dal suo resoconto tragicomico, caratterizzato da un tono leggero e mai banale, che restituisce, con linguaggio verace e senso dell’umorismo, lo spaccato di vita di una persona con vulvodinia alle prese con gli alti e bassi che questa sindrome comporta: dalle innumerevoli visite mediche per riuscire ad avere una diagnosi, alle frenetiche ricerche su Google, al percorso terapeutico finalmente azzeccato, sino alle inevitabili ricadute e conseguenti frustrazioni, mentre il tempo scorre e il piacere della sessualità scivola via per essere riacciuffato quando possibile.

Nella parte conclusiva, Orlandi riferisce della difficoltà di esporre allo sguardo altrui le sue intime vicissitudini con una vescica iperattiva e una vulva dolorante. Da parte mia, le sono grata per aver deciso di parlarne, perché mentre in inglese sono ormai diverse le illness narratives dedicate alle esperienze con il dolore genito-pelvico, al momento non ci sono altre autopatografie di persone italiane e/o in italiano che affrontino questo specifico tema1 e sono fiduciosa che la lettura farà sentire altre persone che hanno la vulvodinia meno sole, finalmente viste e comprese.

Avendo letto il libro in formato digitale, ho potuto fare un rapido conteggio: la parola vulva compare 45 volte nell’arco delle 150 pagine del racconto e ritengo che la forza di questa narrazione stia anche nel nominare quello che ancora oggi viene considerato non meritevole di attenzione (e speriamo serva da promemoria per smettere di utilizzare vulva e vagina come termini intercambiabili).

In appendice, oltre ai suggerimenti personali di Orlandi su come poter convivere con la vulvodinia senza lasciarsi sopraffare, sono elencate diverse norme igienico-comportamentali da poter adottare per migliorare la sintomatologia (consultabili nelle mie storie in evidenza su Instagram), le stesse che sono state consigliate anche a me e alle altre persone che hanno condiviso lo stesso medico. Ai tempi della diagnosi di Orlandi e, successivamente, della mia, non c’erano molti specialisti in grado di trattare questa sindrome dolorosa e quei pochi nominativi che giravano prima sui forum e poi sui gruppi sui social erano per tutte noi dei preziosi punti di riferimento.

Nella postfazione del libro, Elena Tione, presidente dell’Associazione VulvodiniaPuntoInfo onlus, ripercorre le principali tappe delle attività di divulgazione e auto mutuo aiuto fino all’anno di uscita del libro (2018). Nel biennio 2021-2022, c’è stato un rinnovato interesse per la causa, che ha portato alla costituzione di un apposito Comitato, il quale ha presentato una proposta di legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti, chiedendone l’inserimento nei LEA (livelli essenziali di assistenza). Sebbene oggi sia un tema più diffuso, di cui si dibatte molto soprattutto su social come Instagram e TikTok grazie alle testimonianze delle persone che ne soffrono, purtroppo non ci sono stati ulteriori sviluppi e a oggi le persone con vulvodinia non hanno ancora tutele riconosciute a livello istituzionale.


1 Esistono alcuni libri, per lo più autopubblicati, di autrici che raccontano del proprio vissuto con la fibromialgia o l’endometriosi. Inoltre, nel 2021, Rizzoli ha pubblicato l’autobiografia di Francesca Neri “Come carne viva”, in cui l’attrice narra anche della sua esperienza con la cistite interstiziale. Non ci sono invece altre testimonianze dirette sulla vulvodinia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *